Apple vuole proteggere la tua privacy! Ma non fa notizia.

Durante l’ultimo keynote di giugno, la notizia che più è passata in sordina, anzi che nessuno ha notato, ma nemmeno per sbaglio, è la nuova presa di posizione di Apple contro il digital fingerprinting.

L’Apple Software Chief Craig Federighi ha tenuto una bella lezione sul Digital Fingerprinting, strizzando l’occhio, ma di nascosto, alla nuova normativa europea sulla privacy GDPR.

Ok, ma che cosa significa?

Vi siete mai posti la domanda: Perché vedo sempre la stessa pubblicità su tutti i siti?
Ma come diavolo fanno a sapere che ho parlato di cibo per gatti? Perché questa pubblicità mi perseguita su tutti i dispositivi?

La pubblicità online ha bisogno di un target definito, ovvero ha bisogno di essere indirizzata a un tipo di individuo il più specifico possibile per essere efficace, come per esempio far comparire una promozione sul cibo per gatti ad una “gattara” che ha appena finito il mangime.

Come fa il sito del tuo quotidiano preferito a sapere che sei un gattaro o una gattara?

Come fa a sapere che hai appena finito il tuo cibo per gatti?


Craig Federighi al WWDC 2018.

La tua impronta digitale online.

Quando navighiamo un sito web, qualunque sito web, esso richiede al nostro dispositivo decine di informazioni per permettergli di funzionare:
per esempio:

Indirizzo ip; Risoluzione dello schermo; Sistema operativo; Tipo di Browser; Ecc…

Anche soltanto accedendo ad esso, senza interagire in nessun modo, senza click o senza digitare nulla.

Questi sono solo il 10% dei dati che normalmente riesce a salvare nei famosi e discussi “cookie“.

Questo 10% basta per essere riconosciuti da qualsiasi sito web che utilizzi una piattaforma pubblicitaria avanzata come Google Adsense o la affiliazione ad Ebay e Amazon.


I siti web ospitano spazi pubblicitari intelligenti gestiti dalle piattaforme pubblicitarie che incrociano i dati della tua impronta digitale online che hai lasciato su altri siti e app durante tutta la tua esperienza online da quando ha iniziato a navigare.
Incrociano tutti i dati, sia le informazioni personali che hai lasciato scrivendole direttamente, sia quelle presumibili dai tuoi comportamenti o quelli delle tue interazioni.
Tutti questi dati hanno anche un loro valore temporale ed una loro evoluzione, alcuni pattern specifici e altri comuni.

Più tempo passi online, su siti web o app, più questa nuvola di dati prende una forma più realistica e incredibilmente simile alla realtà, più tempo passa più gli algoritmi e intelligenze artificiali migliorano e più i tuoi comportamenti e abitudini diventano prevedibili.

Come fanno a conoscermi e a riconoscermi?

I siti web possono avere da voi, oltre ai dati che inserite manualmente, senza il vostro consenso:
Configurazione di Sistema, Font, Plug-ins, Luogo, Contatti, Foto, Calendari, Promemoria, Microfono, Webcam, Database delle email.
Grazie codici annidati in funzionalità come box dei commenti o funzioni interattive.

Le Data Mining Companies  hanno database enormi e algoritmi geniali, ma sicuramente la loro qualità più grande è coinvolgere le software house e i brand nel convincerli a vendere i dati dei propri utenti.
Incrociando i dati di centinaia di siti web, app e CRM.

Negli anni queste società sono state acquisite o integrate all’interno di aziende come Facebook, Google, Amazon e Linkedin.

Queste aziende possiedono le Impronte digitali online di chiunque e quindi la vostra identità.


Ma se cambio dispositivo risolvo il problema?

Fin ora la risposta è no!
Anche cambiando dispositivo, basterebbero poche app, o pochi click su alcuni siti web per ricollegare il nuovo dispositivo all’identità precedente.

Apple annuncia la sua guerra.

Nel keynote di giugno 2018 annuncia che nella sua prossima versione di MacOs, Mojave il nostro dispositivo non condividerà più nulla automaticamente, ma si limiterà a dare informazioni sommarie e una configurazione di sistema, set di font e altri dati predefiniti in modo da rendere il computer impossibile da ricondurre alla tua impronta digitale online e quindi immune al targeting delle piattaforme pubblicitarie.

La nuova Protezione della privacy su MacOs Mojave dovrebbe rendere il tuo Mac agli occhi dei siti web identico ad un qualsiasi altro Mac.

Perché è passato in sordina?

Chi di pubblicità vive, i quotidiani online, e le riviste specializzate, le internet companies, non sono preoccupate, il market share parla chiaro:

  1. Windows 88.53%
  2. Mac OS 8.75%

Fonte

Craig Federighi ha chiaramente parlato di questa lotta per la privacy per Safari su Mac Os.

Quindi stiamo parlando di un numero ancora più ristretto:

  1. Chrome 60.98%
  2. Internet Explorer 12.18%
  3. Firefox 11.47%
  4. Edge 4.15%
  5. Safari 3.72%

Fonte

Se anche fosse infallibile, l’iniziativa di Apple proteggerebbe soltanto il 3.72% dei dispositivi.


Il grosso dei guadagni si fa con le pubblicità sulle app mobile e su Safari su iOS, di cui Apple non ha fatto menzione.
Apple sa bene che i suoi sviluppatori vivono di pubblicità e che se estendesse questa funzionalità al sistema operativo Mobile iOS, l’AppStore crollerebbe mettendo tutti in fuga verso Android.

Noi siamo una agenzia di comunicazione, parte dei nostri guadagni deriva proprio da questi servizi, ma prima di essere esperti di web marketing siamo utenti.

Un migliore targeting significa guadagni migliori per le aziende che pubblicizzano, e dovrebbe significare un maggiore risparmio perché c’è una minore dispersione del pubblico, invece si traduce sempre in un guadagno maggiore per le piattaforme pubblicitarie che speculano sempre di più sui costi per click.

Non voglio essere catastrofista, ma è ovvio che questa mole infinita di dati è una vera e propria arma, oggi in mano alle internet companies e multinazionali per vendere di più e meglio, ma nessuno sa come potranno essere usati in futuro questi dati in modo negativo.

Ci sono prove tangibili che in questi anni le elezioni politiche di molti paesi sono state manipolate grazie ai dati di cui parliamo.

L’inziativa di Apple, volta soprattutto a strizzare l’occhio al GDPR, non ha scosso il pubblico e nessuna altra compagnia ha colto l’occasione per iniziative simili e probabilmente non ne vedremo mai più, a meno che non si verifichi un cataclisma distopico sulla privacy o un nuovo scandalo come quello di Cambridge Analytica.

Fra 50 anni vedremo ergersi su di noi una nuova intelligenza artificiale che sa tutto di noi? Che cosa c’è di più pericoloso delle informazioni?

Vi lasciamo al momento in cui Craig Federighi spiega la nuova funzionalità.

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